All'inizio la tensione. Come facciamo? Formiamo due gruppi, ognuno col suo strumento musicale, una busta a testa con le poesie che sono arrivate per il festival e la mappa col proprio segna-passo. Ci presentiamo. Siamo tutti un po' tessi, cercando di conoscerci, capire come fare, come stare insieme. Qualche minuto dopo ci dividiamo. L'altro gruppo ha la chitarra di Irene Brigitte, noi l'armonica di Samuel Saia.
Prendiamo la 10 verso Valmaura, come diceva il percorso tracciato. Iniziamo con un po' di musica e dopo proviamo a leggere una poesia tutti insieme. Subito ci accorgiamo che c'è qualcosa di preghiera non riuscita, qualcosa di tetro che non funziona. Ci sparpagliamo. Erica si avvicina a due signore e una bambina e le invita a sentire una poesia. Sembra che le stia invitando a prendere un caffè, che da lì a poco tirerà fuori un coniglio. Lo fa col suo bel sorriso e le signore accettano. La bambina ascolta.
Fuori il paesaggio cambia ma noi non lo vediamo.
Ognuno legge una poesia. Funziona meglio quando si legge a un gruppo ridotto, all'orecchio. Una signora vuole portarsi con sé una poesia che le hanno appena letto. È in dialetto. Cerchiamo, e come no la troviamo, scendiamo con la sigora nella fermata di fronte allo stadio. Lei aspetta assieme a noi finché la troviamo. Ci ringrazia di cuore. Gliela farà leggere a sua figlia, dice e se ne va.
Aspettiamo la linea 8 ma come ci mette troppo ad arrivare presto lasciamo il percorso stabilito dalla mappa. Ci sentiamo pronti per rompere con le regole. Prendiamo un altro bus che ci riporta in centro per salire sulla 17. Una ragazza con gli occhi gialli truccati di nero e il piercing sul naso sale sull'autobus. Ha il muso. Sembra arrabbiata. Mi avvicino a lei e le chiedo se posso leggerle una poesia. Subito sorride. Leggo e quando finisco lei dice, è bella ma preferisco Baudelaire o Poe. Dico che non credo di averli con me. Ma la invito a leggere una poesia che le do. La leggiamo insieme con lo sguardo. Ora il suo è dolce miele.
Rita, che viene di Varese, ci racconta che a caso (anche se lei non crede nel caso) ha letto una poesia a un signora; quando le ha detto che la poesia non era sua ma di Marina Moretti la signora si è stupita. Ma io la conosco, ha detto.
A certo punto leggiamo due versi a testa della prima sentenza di Giuseppe Nava. Ci viene bene e dopo la rileggiamo e Elisa Lenas propone di fare tutti insieme una nota musicale. Sull'autobus quella nota ci abbraccia, ci avvicina. Siamo uno.
Verso la fine, che poi non era la fine, saliamo sulla 51 che arrivava dall'area di ricerca. Avremmo dovuto portare una poesia in inglese, ci dice una ragazza con il velo e ci sorride con le palpebre basse, inamorate, profonde. Due signori dicono di non capire. Chiedono in inglese cosa stiamo facendo. Gli leggo due strofe delle Elegie Duinesi e quando scendiamo per prendere la 4 ci salutano contenti.
Arriviamo al capolinea e rimaniamo là, a leggere a quelli che sono per strada, vicino alla fermata del tram a Opicina e sull'autobus fermo. I ragazzi dopo un po' ci ascoltano. I più vecchi ringraziano, ci chiedono se torneremo domani.
Siamo quasi in stazione ma vogliamo fare un'altra tappa ancora. Prendiamo la 5 e andiamo a Roiano fino al capolinea. Iniziamo a regalare sempre di più i fogli con le poesie.
Vado dall'autista che dispiaciuto dice: devo ripartire. Gli dico che gli leggerò una poesia breve. Mi ascolta e sorride. È il contrario del suo collega, quello dell'ultimo autobus che prendiamo. Lui quando gli chiedo se posso reggergli una poesia mi dice: io lavoro. Gli rispondo: non è un problema, io leggo, ma lui mi indica il cartello: vietato disturbare l'autista (che a sua volta ha le cuffie e non sente niente). L'abbiamo lasciato che cercava di chiamare il suo capo. Lui e un altro sono stati gli unici a non gradire la nostra presenza, il ché ci voleva. Fuori di loro, tutti ci chiedevano quando l'avremmo rifatto, come potevano partecipare; finalmente si faceva una roba del genere.
Per me, l'aneddoto che la dice lunga è questo: mi sono avvicinata a due signori che in una fermata, davanti a un bar, chiacchieravano. Ho chiesto loro se potevo leggergli una poesia. Perché?, mi hanno chiesto con diffidenza. Così, per leggervi; gratis, ho detto.
- Se vuole, legga. Ah!
Ho detto Refucilo e uno di loro con un bicchiere di vino in mano ha chiesto, ma cosa è, spagnolo? Ho continuato, e lui ha chiesto, ma cosa è, politica? L'amico lo ha fatto tacere con la mano, senza interrompermi. Ho continuato. Ho letto la traduzione Bagliore e quando ho finito uno se n'era andato e l'altro aveva un sorriso. Gliela ho regalata e mi ha chiesto se volevo qualcosa in cambio, niente, ho detto e lui si ha messo a leggerla all'amico che quando mi sono allontanata è tornato al marciapiede incuriosito. Erano sei versi ma loro sono rimasti lì, per cinque minuti o di più ancora, a leggerli.
Che bella esperienza Maria! Oggi ripenso al giro sulla 9, alla lettura e alla musica di Irene davanti alla panchina di S.Giovanni, a tutte le persone che ci hanno ascoltati e ringraziati. Anche noi abbiamo incontrato un paio di "refrattari", ma erano come mosche bianche in mezzo a gente che aveva sete di poesia :)
RispondiEliminacara Lisa, la prossima volta facciamo il treno. è nato un gruppo di poeti on the road. sono felice.
RispondiEliminavelvet, prova adesso a mettere il tuo commento. vediamo se funziona...
RispondiEliminala prossima volta non riuscirete a tenermi lontana dal viaggio, sia esso in autobus, in treno o in mongolfiera.......... :D
RispondiEliminavengo anche io in mongolfiera con le mosche bianche!
RispondiElimina